Saraswati e il flusso creativo

Da Jung in poi, il ruolo cruciale dei miti e dei simboli nelle dinamiche della coscienza individuale e collettiva è riconosciuto da molte correnti della psicologia e della psicoterapia. Ma le antiche tradizioni spirituali avevano già compreso l'importanza dell'immaginazione, riconoscendo che la contemplazione di idee, qualità elevate o archetipi divini potesse aiutare l’individuo a incarnare tali qualità.

Nel Bhakti Yoga, le divinità della mitologia induista possono essere interpretate come strumenti di introspezione da utilizzare durante la meditazione: simboleggiano determinate caratteristiche energetiche su cui vogliamo o abbiamo bisogno di concentrarci, per bilanciare e far crescere la nostra stessa energia.

Avventurarsi nella letteratura che racconta le storie di queste divinità è quindi anche un processo di osservazione e ascolto di sé.

Premessa: i protagonisti, le storie, le fonti, le interpretazioni della mitologia induista sono inesauribili e spesso incerte. Versioni differenti e talvolta contrastanti della stessa storia coesistono serenamente nella cultura popolare indiana.

Forse meno nota di altre dee in Occidente, Saraswati è una delle divinità più venerate in India. Ha certamente qualcosa in comune con la dea Atena della mitologia greca: è la dea della conoscenza, della musica, dell'arte, della saggezza e dell'apprendimento e molte tradizioni raccontano che sia emersa dalla bocca di Brahma. Tuttavia Saraswati non è una creatura di Brahma, e neppure sua figlia: Saraswati è e incarna lo stesso potere creativo di Brahma.

Raffigurata come una bellissima donna vestita di bianco, simbolo di purezza, Saraswati porta con sé una veena, un libro sacro, un rosario e un vaso d'acqua, ciascuno rappresentante diversi aspetti della saggezza e dell'arte. La veena, uno strumento musicale simile a un liuto, simboleggia l'armonia e la creatività nelle arti musicali. Il libro, anche raffigurato come un antico manoscritto, rappresenta la conoscenza e l'apprendimento. Il rosario, o akshamala, costituito da perle bianche, evoca la pratica del japa, la ripetizione dei mantra, e simboleggia meditazione e spiritualità. Infine, il vaso d'acqua, o kamandalu, è un richiamo alla purezza e alla fluidità del processo creativo, essenziale per la vita e la crescita spirituale. Il suo veicolo, un cigno, incarna la capacità di distinguere il bene dal male - a volte al posto del ciglio si può trovare un pavone, che rappresenta protezione ma anche vanità.

Insieme a Brahma, Saraswati rappresenta la creazione nelle tre fasi del ciclo dell’universo - dove Vishnu e Lakshmi sono la conservazione, Shiva e Kali la distruzione.

La storia di Brahma e Saraswati come coppia ha tratti incredibilmente contemporanei, e getta luce su quanto la classicità dei miti sia senza tempo.

La prima volta in cui Brahma posa gli occhi su Saraswati, se ne innamora perdutamente. Pur avendo già quattro volti, uno rivolto verso ciascun punto cardinale, per non perdere mai di vista Saraswati Brahma se ne fece crescere un quinto, rivolto verso l’alto. Non sembra creepy solo a noi oggi. Shiva rimase particolarmente contrariato dal comportamento di Brahma. Fece quello che molti bro oggi dovrebbero fare di fronte a comportamenti tossici dei loro compagni: disse a Brahma di ripigliarsi, spiegandogli che gesti di ossessione e attaccamento come il suo, sono contrari alla natura distaccata ed equilibrata che un dio della sua statura doveva mantenere. Shiva rimise anche le cose a posto distruggendo il quinto volto di Brahma - un bel esempio di come la distruzione nell’induismo sia una funzione fondamentale per il mantenimento dell’ordine cosmico.

Insomma, la coppia Brahma-Saraswati parte già non benissimo e non sembra andare molto meglio quando Brahma si accorge che Saraswati non è proprio adattissima a interpretare il tradizionale ruolo di moglie: passa la maggior parte del suo tempo nel proprio studio, da sola, a leggere, meditare, suonare il veena, è sempre nel suo mondo. Non cucina, non pulisce, perde sempre la cognizione del tempo e non ama gli eventi mondani, quando partecipa difficilmente è coinvolta, quando è coinvolta si mette a parlare di cose esoteriche che a Brahma non interessano un granché. Lui si sente in difficoltà, trascurato, e questo crea una sottile ma crescente tensione tra i due in tanti episodi di vita famigliare.

I nodi vengono al pettine quando la coppia deve presidiare insieme un importantissimo rituale religioso, a cui lui tiene particolarmente. Saraswati lo rassicura: ci sarà, sarà sul pezzo. Sembra molto sicura nella sua affermazione, ma Brahma ha paura che dia buca, dubita. Con l’avvicinarsi dell’evento, Saraswati continua ad apparire distratta, in un’altra dimensione, chiusa in se stessa. Brahma invia diversi emissari per accertarsi che lei si prepari, che non sia in ritardo, che partecipi. Lei si innervosisce, ma rassicura tutti: ci sarà.

Il giorno dell’evento, Brahma suda freddo. Dov’è Saraswati? Perché non è già arrivata? La fa chiamare, la manda a prendere, ma Saraswati resta immersa nello studio fino all’ultimo momento. Ed è lì che si gioca la fiducia di Brahma, il quale non regge. Terrorizzato all’idea di restare senza compagna durante la cerimonia e per timore che il tempo propizio per il rituale passasse, sposa immediatamente un’altra donna che rimpiazzi la sua consorte.

Peccato che poi Saraswati si presenti, e trovi un’altra al suo posto. A quel punto, lei si incazza, specificatamente con lui, come è giusto che sia, non con la poveretta che è stata costretta a sposarlo, con cui invece è solidale (salutiamo Gayatri). Offesa e ferita dal comportamento del suo compagno, decide di lasciarlo e lancia contro di lui una maledizione: Brahma non sarebbe stato adorato sulla Terra con la stessa devozione riservata a Vishnu e Shiva. Effettivamente, tuttoggi il culto di Brahma è effettivamente raro, ci sono pochissimi templi dedicati a lui in India, rispetto a quelli dedicati a Vishnu e Shiva.

Da allora, Saraswati rimane sola. A differenza di Lakshmi, che è l’archetipo della consorte–moglie, e di Kali, che ha una relazione (anche se selvaggiamente non convenzionale) con il marito tantrico Shiva, Saraswati è l’archetipo della donna solitaria, la studiosa alla sua scrivania, la yogini o la suora che rinuncia alla vita convenzionale per qualcosa di più sottile, più elevato, più puro.

Nelle società tradizionali, come in quelle contemporanee, una donna che dedica la sua vita alla ricerca interiore spesso non fatica a trovare una dimensione stabile nella coppia, sia per ragioni proprie che perché pochi uomini riescono a stare accanto a una compagna così assorbita nelle proprie creazioni.

Del resto anche molti uomini con l’energia Saraswati dominante, vivono le relazioni con difficoltà, non trovando spazio e tempo necessari per i rapporti ordinari.

Saraswati, più che moglie, è quindi artista e musa, protettrice di saggi e creativi, le cui parole vibrano nell'aria per risvegliare le menti sopite degli esseri umani, parole capaci di emozionare e di accendere la fiamma della conoscenza.

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