Che cosa sono le emozioni

"Non essere triste", "Non piangere", "Non alzare la voce"…

La lista è lunga: sono tutte espressioni che ci sentiamo dire spesso, prima durante l'infanzia e poi nell'età adulta, se non abbiamo imparato a reprimere adeguatamente le nostre emozioni.

Una cultura che disapprova l'espressione dell'emotività viola il nostro diritto di sentire e di sapere chi siamo. È dalle emozioni suscitate dal nostro mondo interiore e dal mondo che ci circonda che capiamo come stiamo, è dalle emozioni che otteniamo informazioni importanti su noi stessi e il nostro stato di “benessere” o “malessere”. Quando il diritto di provare emozioni viene negato, ci sentiamo scollegati, perdiamo il contatto con noi stessi e con gli altri. Se non sappiamo che cosa proviamo, non sappiamo nemmeno che cosa vogliamo. Ecco perché è importantissimo ascoltare le proprie emozioni, senza censurarle, e imparare a regolarle.

Che cosa sono le emozioni?

Le emozioni sono considerate reazioni psicofisiologiche - coinvolgono corpo, cervello, mente, ambiente sociale - che si manifestano in risposta a stimoli interni o esterni. Le emozioni sono generalmente brevi, intense e hanno una componente fisica chiara, come variazioni del battito cardiaco, della respirazione e dei livelli di sudorazione. Esempi di emozioni includono la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura, e il disgusto. Sono spesso considerate universali, presenti attraverso diverse culture e persino in altre specie animali.

Funzionano come un sistema di allarme, indicando quando è necessario prestare attenzione a qualcosa di importante. Quelle primarie sono meccanismi di difesa rapidi, che contengono poco pensiero, ma possono essere incorporate in stati emotivi più complessi. Questo sistema di allarme emotivo è cruciale per la nostra sopravvivenza, poiché permette di rispondere rapidamente a stimoli che potrebbero essere pericolosi o richiedere un'azione immediata ma anche a capire e interpretare il mondo.

La paura, per esempio, è un’emozione primaria che può essere attivate da uno stimolo interno, ossia la sensazione soggettiva di sentirsi vulnerabili, o da uno stimolo esterno, ossia la percezione di una minaccia, di un pericolo esterno. Lo scopo della paura è aiutare chi la prova a riconoscere e superare i pericoli, quindi a sopravvivere. Ci prepara alla fuga, all’attacco, alla richiesta di aiuto o allo “spegnimento” - fingersi morti davanti al predatore è un meccanismo molto utilizzato dagli animali-preda. 

L’ansia si manifesta quando il pericolo è pre-visto o immaginato, ma non è presente al momento. È un pericolo che potrebbe presentarsi in futuro e viene anticipato. Sebbene spesso vista negativamente, funziona come un promemoria per prepararsi o modificare strategie in vista di sfide future - ma può anche correlarsi a un’esperienza di impotenza, che fa aumentare ulteriormente i livelli di ansia, fino a farci sentire senza via di fuga. È così che ci “spegniamo”, ci scarichiamo fino a non avere più energia per il presente. 

La gioia si attiva quando internamente c'è la percezione di un bisogno ed esternamente c'è la percezione di una risorsa che potrebbe soddisfare quel bisogno. È un'emozione che ci informa a proposito del successo dei comportamenti che abbiamo messo in atto. Il vantaggio evolutivo di questa emozione è che ci "premia" con un rilascio di sostanze chimiche che danno sensazione di piacere e ci spinge a perseguire attività che potenzialmente migliorano la nostra qualità di vita.

Il disgusto è un’emozione che sorveglia i confini del sé corporeo, viene attivata dalla repulsione alla prospettiva di un’incorporazione, una sorta di anticipazione delle conseguenze dannose che seguono a una possibile ingestione. Naso arricciato, labbro superiore sollevato, sopracciglia abbassate sono i tratti del volto che prova disgusto. Quasi ci viene da sputare.

La rabbia è un'emozione primaria, che soggettivamente si manifesta come una tensione, un accumulo di energia portato quasi all'eccesso. Si attiva quando la soddisfazione di un nostro bisogno viene ostacolata e ha come obiettivo la rimozione dell'ostacolo in questione. In questo senso, è molto utile, quasi fondamentale: grazie alla rabbia abbiamo l'energia per risolvere un problema, per superare un limite. Di più: grazie alla rabbia abbiamo anche la costanza, la determinazione che serve per portare a termine questo compito - la rimozione dell'ostacolo - anche nel momento in cui la cosa richieda tempo, continuando ad alimentare a livello energetico l'azione che ci serve.

Ogni emozione, quindi, ha una funzione adattiva che contribuisce al nostro benessere psicologico e fisico.

Oltre a informarci sulle nostre immediate reazioni agli eventi, le emozioni sono anche guide vitali per le nostre interazioni sociali. Ci aiutano a leggere e rispondere alle emozioni degli altri, facilitando o complicando le nostre relazioni a seconda di come gestiamo queste informazioni. In questo senso, le emozioni sono essenziali per costruire e mantenere legami sociali, che sono fondamentali per la nostra salute mentale e il nostro benessere complessivo.

È chiaro quindi che non esistono emozioni "negative", nel senso che tutte sono funzionali: invece di cercare di eliminare emozioni come rabbia o paura, gli approcci moderni, come la terapia cognitiva-comportamentista di Accettazione e Impegno (ACT) e la Mindfulness, incoraggiano l'accettazione di tutte le emozioni. Questo aiuta gli individui a sviluppare una maggiore resilienza emotiva e a utilizzare le informazioni fornite dalle loro emozioni per guidare decisioni e azioni più efficaci.

Il dibattito sulla neurobiologia delle emozioni

Il campo della neurobiologia delle emozioni ha attraversato molteplici sviluppi e dibattiti, soprattutto riguardo il ruolo di specifiche aree cerebrali nell'esperienza emotiva.

Storicamente, la ricerca sulle emozioni nel cervello si è concentrata su aree specifiche che si riteneva fossero direttamente correlate con specifiche emozioni. L'amigdala, per esempio, è stata a lungo considerata il centro della paura, basandosi su studi di lesioni cerebrali e neuroimaging che mostravano la sua attivazione in risposta a stimoli minacciosi. Questo approccio è stato supportato da una vasta gamma di ricerche che collegano specifiche aree cerebrali a specifiche risposte emotive.

D’altra parte, teorie costruttiviste mettono in discussione alcune delle nozioni tradizionalmente accettate su come il cervello elabora le emozioni.

Lisa Feldman Barrett, professoressa e ricercatrice di psicologia alla Northeastern University, nel suo libro How Emotions Are Made: The Secret Life of the Brain, propone un cambio di paradigma (ne parla in questo video). Secondo Barrett, le emozioni non sono universali e non sono generate da aree cerebrali specifiche “pre-cablate”. Piuttosto, le emozioni sono costruite dalla mente in base alla cultura, al contesto sociale e alla storia personale dell'individuo. Barrett sostiene che quello che percepiamo come una risposta emotiva è il risultato di predizioni del cervello, che utilizza modelli di esperienze passate per fare ipotesi su ciò che sta succedendo e su come dovremmo reagire.

La teoria di Barrett ha importanti implicazioni. Primo, suggerisce che non c'è una corrispondenza uno-a-uno tra una specifica area cerebrale e una specifica emozione. Invece, molteplici reti cerebrali sono coinvolte nella costruzione delle emozioni, e queste reti possono essere impiegate in diversi tipi di processi, non solo emotivi. Secondo, la sua teoria implica che l'educazione e la cultura giocano un ruolo cruciale nella forma e nell'espressione delle nostre emozioni, più di quanto non facciano i circuiti cerebrali fissi.

Il lavoro di Barrett ha stimolato un ampio dibattito tra i neuroscienziati e i psicologi. Mentre alcuni critici sostengono che ci sono evidenze troppo forti sul ruolo di aree come l'amigdala per essere ignorate, altri accolgono la sua teoria come una spiegazione più completa e accurata di del funzionamento delle emozioni nel cervello.

La ricerca futura nel campo della neurobiologia delle emozioni probabilmente continuerà a esplorare queste teorie competitive, magari trovando un modo di conciliarle dinamicamente.

James Gross e la teoria della regolazione emotiva

James Gross, professore di psicologia all'Università di Stanford noto per i suoi lavori sulla regolazione emotiva, ha mostrato come le persone possano modificare consapevolmente le proprie emozioni per adattarsi meglio alle diverse circostanze della vita. Questo processo può essere automatico o controllato, conscio o inconscio.

Gross distingue tra due strategie principali di regolazione, quella centrata sulla risposta e quella centrata sul contesto.

La regolazione centrata sul contesto avviene prima che l'emozione sia completamente generata. Include strategie come la selezione della situazione (evitare situazioni che potrebbero generare emozioni negative), la modifica della situazione (cambiare qualche aspetto della situazione per alterare il suo impatto emotivo), la distribuzione dell'attenzione (concentrarsi su aspetti non emotivi di una situazione) e il cambiamento cognitivo (ridimensionare il significato di una situazione per alterare la sua valenza emotiva).

La regolazione centrata sulla risposta avviene dopo che l'emozione è stata innescata e si concentra sul modificare l'esperienza o l'espressione emotiva attraverso metodi come la soppressione (tentativo di inibire l'espressione esterna dell'emozione) o l'amplificazione (accentuare l'espressione emotiva).

La teoria di Gross ha profonde implicazioni pratiche, soprattutto nel campo della psicoterapia e del counseling. Per esempio, aiutare le persone a riconoscere e modificare i propri schemi di pensiero può essere un potente strumento per gestire le emozioni in modo più efficace. La capacità di regolare le emozioni è anche collegata a migliori risultati in vari ambiti della vita, come le relazioni interpersonali, la performance lavorativa e la salute generale.

La gestione delle emozioni nelle pratiche olistiche

Le teorie olistiche sostengono che per gestire efficacemente le emozioni sia imprescindibile considerare l’individuo nella sua interezza, come sistema complesso di fattori fisici, mentali, emotivi, spirituali, etc.

Le emozioni, prima ancora che al cervello, sono legate al nostro corpo. La cosiddetta intelligenza somatica, o la capacità di percepire e interpretare le sensazioni corporee legate alle emozioni, è un campo di crescente interesse. Ciò che chiamiamo "emozioni" sono interpretazioni di movimenti spontanei di varie parti del corpo, che rappresentano gli impulsi del protendersi verso l'ambiente circostante, o del ritrarsene.

Per sopravvivere, l'organismo deve essere sensibile al proprio ambiente, di cui deve sapere selezionare gli stimoli. Come rispondiamo a questi stimoli determina quello che proviamo. Se lo stimolo suscita nel corpo un movimento di espansione, proviamo piacere. Se provoca una contrazione, proviamo paura o dolore.

La mente cosciente o semi-cosciente può indirizzare o persino bloccare la manifestazione di un impulso, contraendo i muscoli necessari a provocarla e impedendone così l'azione. L'impulso bloccato, in questo modo, non può originare un sentimento, ossia l’esperienza soggettiva che emerge processando cognitivamente le emozioni.

Quando un impulso è trattenuto intenzionalmente, il risultato è un'acuta contrazione muscolare. Quando la tensione diventa cronica, i muscoli si irrigidiscono e il blocco dell'impulso diventa inconscio.

Il muscolo rigido, teso, rende impossibile il movimento spontaneo, e si perde contatto con ciò che si prova, perfino della propria azione frentante, che diventa un agito. Questa rigidità muscolare ha anche l'effetto di limitare o condizionare la respirazione, un altro strumento importantissimo per sapere come stiamo.

Per esempio, se proviamo paura, le nostre spalle istintivamente si contraggono verso le orecchie e il collo si ritrae per proteggere la gola, parte del corpo vitale per la sopravvivenza. Se l'emozione viene replicata regolarmente per un lungo periodo o se non viene adeguatamente elaborata, la contrazione può diventare permanente e causare dolore e riduzione della mobilità.

La paura spesso causa anche una respirazione superficiale o toracica, che non consente un rilassamento completo dei muscoli del collo e delle spalle.

Lavorando sul respiro possiamo invertire questa catena di eventi e riscoprire le emozioni bloccate sotto la rigidità del nostro corpo.

Attraverso pratiche come lo yoga - asana, pranayama, meditazione etc. - possiamo imparare a regolare meglio le nostre emozioni.

Integrare pratiche olistiche nella gestione delle emozioni può portare a una comprensione più profonda di noi stessi e di qual è il nostro posto nel mondo. Riconoscere attivamente il legame intrinseco tra mente e corpo, e non dimenticarlo, può aiutarci a vivere una vita più piena e consapevole, in cui diversi aspetti del nostro essere lavorano insieme per navigare la complessità del nostro mondo emotivo, invece di restare inascoltati o in conflitto.

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